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Scritto da Yourbiz Staff in E-Commerce
16 maggio 2017
Exit Intent Come Prevenire L Abb

Il tasso di abbandono del tuo sito web è alto? Scopri come puoi prevenire l’uscita di buona parte di potenziali clienti e lead con qualche piccolo trucchetto di Marketing Automation!

 

Oggi voglio parlarti di tutti quei potenziali clienti che hai perso negli ultimi anni senza nemmeno accorgertene. Hanno visitato il tuo sito web, magari anche per lungo tempo e navigando molte pagine, ma poi inesorabilmente lo hanno abbandonato, senza tornare più. Si sono rivolti alla concorrenza, oppure hanno perso interesse per il prodotto o servizio che vendi.

 

Nella maggior parte di questi casi, beninteso, non avresti comunque potuto recuperare il loro interesse: sarebbe superfluo delineare tutti gli elementi che fanno perdere desiderio ai potenziali lead, tutte le barriere in ingresso come il prezzo alto o la mancata compatibilità di prodotto. In questi casi, quasi ogni tentativo è vano: molto semplicemente, non si tratta del target corretto di utenza cui rivolgersi; e nel mondo del marketing in-bound, dove non comunichiamo ai clienti, ma facciamo sì che siano i clienti interessati ad arrivare alla nostra comunicazione, qualche “fuori target” è inevitabile e naturale.

 

In alcune situazioni, tuttavia, qualche piccolo stimolo può consentire – con astuzia e intelligenza – di recuperare il cliente, o almeno qualche informazione preziosa che può portare in futuro a migliorare il tasso di successo e la propria comunicazione. Li chiamiamo messaggi di exit intent, perché cercano di indirizzare una specifica comunicazione agli utenti che hanno intenzione di abbandonare il sito web. Con vari obiettivi, puntano al recupero totale o parziale di questi potenziali clienti. Vediamo come e con quale metodo.

Partiamo dalle basi: le metriche da prendere in considerazione

Prima di arrivare al punto, è importante chiarire quali statistiche tenere in mente quando si procede verso una strategia di recupero delle intenzioni di uscita degli utenti.

 

Innanzitutto, parliamo di frequenza di rimbalzo, una metrica fondamentale dei siti web che indica la percentuale delle sessioni (visite) che durano solamente per una pagina: in questi casi, l’utente abbandona la navigazione senza andare oltre la pagina di destinazione (landing page) su cui è approdato. Più questo valore è alto, peggio è: significa che il sito web non è in grado di interessare e coinvolgere a sufficienza gli utenti.

 


statistiche google

 

Oltre alla frequenza di rimbalzo, è utile valutare anche le performance delle singole pagine, calcolandone il tasso di uscita. Si tratta della percentuale di utenti che, arrivati su tale pagina, decidono di abbandonare la navigazione, senza proseguire oltre. Le pagine con un alto tasso di uscita dovrebbero essere solamente quelle che naturalmente rappresentano la “fine di un percorso” (es: richiesta di contatto, pagina di ringraziamento, iscrizione alla newsletter). Oltre queste, un dato che si discosta negativamente dalla media è da trattare con attenzione.

 


exit intent

 

In sostanza, frequenza di rimbalzo e tasso di uscita sono numeri da valutare con estremo riguardo, per capire se la prevenzione degli abbandoni è da operare sul sito web in generale o su alcune pagine specifiche.

 

Dai numeri all’azione: prevenire l’exit intent

Passiamo quindi dalle metriche alle azioni che permettono di arginare tali statistiche negative. Il primo strumento di recupero dei potenziali abbandoni è la pop-up, una finestra che viene mostrata agli utenti che portano il cursore del mouse verso la temuta “X”, che chiuderebbe la scheda del browser dove correntemente si sta visualizzando il sito web.

 


exit intent

 

Questo stimolo visivo è molto forte, perché sorprende l’utente che aveva ormai abbandonato ogni intenzione di proseguire oltre nella navigazione, e può fargli cambiare idea, a patto ovviamente che la comunicazione sia sufficientemente forte per invertire la rotta.

 

In questo senso, alcuni dei possibili messaggi che si possono trasmettere, compatibilmente con la strategia di business a livello generale, sono i seguenti:

 

  • Offrire un codice sconto, da utilizzare “al volo” (es: entro quattro ore) per l’acquisto dei prodotti, se si tratta di negozio online.
  • Fornire la possibilità di richiedere un kit gratuito (se si tratta di un prodotto) o di una demo (servizio), richiedendo l’indirizzo o l’e-mail del visitatore.
  • Richiedere l’indirizzo e-mail, con la promessa di inviare informazioni anticipate ed esclusive su offerte, sconti o altri benefit.
  • Richiedere un semplice feedback sul sito web, per valutare le impressioni del visitatore.
  • Invitare alla partecipazione di un breve sondaggio, indagando più a fondo motivazioni, desideri e comportamenti dell’utente.

 

Chiaramente, non tutti i messaggi funzionano allo stesso modo e non è consigliabile esagerare nei benefit da offrire ai propri utenti. Se, per esempio, venisse offerto un coupon sconto indiscriminatamente a tutti gli utenti che stanno chiudendo la scheda dell’e-commerce, essi si abituerebbero a tale beneficio e appositamente potrebbero fingere un abbandono per ottenere il codice. Limitare l’apparizione del pop-up a determinate condizioni specifiche (per esempio, un carrello attivo superiore a 500,00€ di valore) potrebbe essere un’arma maggiormente vincente, bilanciando rischi e potenziali benefici.

 


exit intent google

 

Come avrai visto dagli esempi, un beneficio offerto non è l’unica opportunità per valorizzare un potenziale abbandono. A volte, vale di più un feedback (positivo o soprattutto negativo) di un lead: suggerimenti dai visitatori insoddisfatti possono portare ad un miglioramento della comunicazione, che in futuro aumenta le performance del sito web e la percentuale di successo.

 

Rimandare il recupero: remarketing e e-mail automatiche

Oltre alle pop-up, esistono altri metodi che potenzialmente possono recuperare potenziali lead, in un lasso di tempo successivo. I due che vengono utilizzati maggiormente dalle aziende b2b e b2c sono:

 

  • banner pubblicitari di “remarketing, che consentono di indirizzare i messaggi sul web attraverso piattaforme come Google AdWords, Criteo e Bing Advertising, solamente verso gli utenti che hanno già visitato il sito web senza compiere un’azione conclusiva, lanciando una comunicazione specifica.
  • Le e-mail di recupero automatiche, a patto che l’utente sia registrato al sito web: è tipico il caso del carrello abbandonato sugli e-commerce, dove viene richiesto all’utente di tornare ad acquistare, completando la transazione che per qualche motivo ha lasciato in sospeso.

 

Non approfondisco in questo articolo questi due argomenti in modo specifico, ma vi rimando ad approfondimenti che possono consentirvi di analizzare tali tecniche di recupero.

 

Come si realizza una pop-up di exit intent

Veniamo al dunque: l’automatismo che si genera e che permette di mostrare la pop-up di comunicazione ai soli utenti che stanno muovendo il cursore del mouse verso la chiusura della finestra è realizzato dai principali software di marketing automation, tra cui possiamo citare Hotjar, Optimizely e Crazy Egg.

 

Questi programmi raccolgono i dati dei visitatori grazie ad uno snippet di codice, che va inserito nelle pagine web di monitorare, e generano una serie di automatismi, a partire da specifici trigger (ovvero, azioni che scatenano una reazione). A seconda della complessità del software, gli automatismi possono essere azionati a partire da condizioni più o meno complesse.

 

Per quanto riguarda il messaggio, invece… sta tutto nella fantasia e nella strategia di comunicazione! A partire dai suggerimenti che ti ho elencato qualche paragrafo più sopra, è possibile predisporre un contenuto che combini elementi visuali, iconici e testuali, per convincere gli utenti a non abbandonare il sito web, ma anzi a compiere un’azione particolarmente qualificata sul sito web.

 

Alcuni numeri: l’exit intent funziona?

Può sembrare una tecnica banale, ma ecco alcuni dati reali presi da nostri progetti web che possono trasmetterti l’efficacia delle tecniche di prevenzione dell’abbandono:

 

  • Una campagna AdWords nel settore B2B (azienda di produzione) performava allo 0,7% - ovvero, solo 7 utenti su 1000 decidevano di compilare la form di contatto. Un dato al di sotto della media delle performance del settore. Abbiamo deciso di invertire la rotta provando a recuperare i potenziali abbandoni: ai soli utenti provenienti dalla campagna sul sito web, abbiamo mostrato un pop-up con un codice da digitare per ottenere un kit gratuito. Le performance sono quadruplicate e abbiamo generato decine di contatti in pochi giorni: alcuni di questi si sono trasformati in contratti molto redditizi.
  • Un e-commerce B2C (prodotti alimentari con acquisti ricorsivi) ha utilizzato la tecnica dell’exit intent per capire il perché di un improvviso e brusco calo di ordini. Con un piccolo sondaggio sulla clientela potenziale che stava per abbandonare il sito web, è stato individuato il problema della percezione di sicurezza, dovuto ad un restyling che aveva tenuto poco conto di questi elementi. Con l’intervento sulle garanzie e sulle certificazioni di sicurezza, abbiamo non solo ripristinato il trend di ordini precedente, ma anzi lo abbiamo aumentato del 15%.
  • Un e-commerce B2C (prodotti per il tempo libero) ha utilizzato le e-mail automatiche per il recupero dei carrelli abbandonati, impostando un flusso di automatizzazione mediamente complesso (tre e-mail differenti a seconda del comportamento). Grazie ad un A/B test, è stato possibile identificare che gli utenti “non stimolati” tornavano ad acquistare in una percentuale del 5% circa, mentre a chi venivano proposte le e-mail automatiche tornava in media per l’8%. Un successo.

 

Alcune conclusioni sul recupero dei potenziali abbandoni

Lanciare messaggi per cercare di recuperare i potenziali abbandoni non solo non è tempo perso, ma permette di aumentare il tasso di conversione e di ottenere informazioni molto utili attraverso i feedback da parte degli utenti. Un messaggio ben studiato e un flusso di automatizzazione calcolato possono dare una grossa svolta alle metriche, ottimizzando le performance dei progetti web.

 

Yourbiz è l’agenzia specializzata nel lavoro di Conversion Rate Optimization, l’aumento del tasso di conversione di siti web e e-commerce. Grazie a tecniche come quella che ti ho raccontato in questo articolo, ricaviamo il massimo valore dagli utenti che visitano il sito web, consentendo di risparmiare sul costo di acquisizione di nuovi lead.

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